domenica 18 novembre 2007

Un articolo interessante sullo storico incontro ecumenico svoltosi a Ravenna in ottobre: una via per la riunificazione tra Cattolici e Ortodossi

Il Papa è il "primo dei patriarchi", Roma è la "prima sede", la Chiesa di Roma "presiede nell'amore". Nero su bianco un documento congiunto della Chiesa cattolica e delle Chiese ortodosse fissa definitivamente e in maniera inequivocabile il primato del romano pontefice, spianando la strada alla riunificazione di cattolici e ortodossi divisi dallo scisma del 1054. Il documento riservato è il frutto del vertice di ottobre a Ravenna, dove una delegazione cattolica guidata dal cardinale Kasper e una delegazione panortodossa guidata dal metropolita Zizioulas del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli hanno gettato le basi per un approfondimento delle questioni da risolvere per ristabilire l'unità. Sono 46 paragrafi, una vera e propria road map, che indica il percorso dei temi da sviscerare per potere dichiarare superate le divisioni del passato. Dunque, il riconoscimento del primato romano c'è, ma subito viene chiarito che dovrà essere studiato "il ruolo del vescovo della prima sede" nell'ambito della comunità ecclesiale. In altre parole bisognerà definire quali sono le "prerogative" del vescovo di Roma, tenuto conto che sull'argomento ci sono opinioni molto differenti. Il documento delinea tre concetti fondamentali: comunione ecclesiale, conciliarità, autorità. Entrambe le parti concordano che il vescovo è il capo della Chiesa locale e che nessuno può sostituirsi a lui. Entrambe concordano nel riconoscere che "l'unica e santa Chiesa" si realizza contemporaneamente in ogni Chiesa locale, che celebra l'eucaristia, e nella comunione di tutte le Chiese. C'è accordo anche sulle strutture della Chiesa universale. A livello locale l'autorità è il vescovo. A livello regionale un gruppo di Chiese riconosce al proprio interno un "primo" (protos, in greco). Più articolata la questione del livello globale: qui gli esperti avranno molto da lavorare. Perché il documento afferma che sul piano universale "coloro che sono i primi nelle differenti regioni, insieme a tutti i vescovi, cooperano in ciò che riguarda la totalità della Chiesa". E in questo contesto si sottolinea che "i primi devono riconoscere chi è il primo tra di loro". Ma per assicurare la concordia - scandisce la road map ecumenica - serve la conciliarità: cioè la cooperazione comune tra tutti. Tutti i vescovi dell'orbe cristiano, è detto, non devono essere solamente uniti tra di loro nella fede, ma "hanno anche in comune la stessa responsabilità e lo stesso servizio nei confronti della Chiesa". I concili sono lo "strumento principale" attraverso cui si esprime la comunione della Chiesa. Insomma, il mondo ortodosso mette in chiaro che il vescovo di Roma non può immaginarsi di essere un sovrano totalitario, che decide da solo o si sostituisce ai livelli locali. D'altronde lo stesso Ratzinger affermò in passato varie volte che il romano pontefice non può comportarsi da "monarca assoluto". Un brano del testo (riferito alle autorità regionali) ha il suono di un monito preciso: "Il primo non può fare niente senza il consenso di tutti". Il pontefice, peraltro, è sempre nominato nel testo come vescovo di Roma o come uno dei cinque patriarchi storici. Ora tocca a papa Ratzinger. Solo lui può dare l'impulso a procedere. Per il 23 novembre il pontefice ha convocato tutti i cardinali del mondo per unariunione, che all'ordine del giorno ha proprio l'ecumenismo. Il documento cattolico-ortodosso costituirà la base del dibattito. Nel frattempo Benedetto XVI sta riformano il Sinodo dei vescovi, il parlamento consultivo dell'episcopato mondiale che si tiene ogni tre anni: verranno dati più delegati alle Chiese orientali cattoliche - ponte verso l'Ortodossia - che hanno oltre venticinque vescovi, ci sarà più spazio per la discussione e saranno riformati i gruppi di lavoro. Benedetto XVI ha manifestato fin dalla sua elezione la volontà di fare "passi concreti" in direzione dell'avvicinamento fra le Chiese cristiane. Ma ci sono anche difficoltà in campo ortodosso. Il patriarca Alessio di Mosca è recalcitrante nel riconoscere il primato del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I e al tempo stesso non perdona al Vaticano l'attività delle diocesi cattoliche nell'ex Urss. A Ravenna i suoi rappresentanti hanno abbandonato la riunione perché la Chiesa ortodossa di Estonia si era aggregata al patriarcato ecumenico di Costantinopoli. (La Repubblica - 14 novembre 2007)

1 commento:

Anonimo ha detto...

good start